L' avanzata dell'alga tropicale |
Scritto da Federico betti |
Lunedì 06 Giugno 2011 10:06 |
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Caulerpa racemosa è una bella alga verde, parente della più nota Caulerpa taxifolia, la famigerata alga tanto amata dagli acquariofili che, riversata erroneamente in mare lungo le coste del Principato di Monaco, sta rapidamente colonizzando diverse aree del Mediterraneo. Entrambe le specie citate, insieme a tutte le altre appartenenti al genere Caulerpa, sono sifonali, ossia composte da un’unica cellula dotata di numerosi nuclei, che costituisce tutto l’organismo; sono poi accomunate dal colore verde brillante e dalla presenza di sottili stoloni (simili a radici striscianti) lunghi più di un metro da cui si dipartono sia strutture a forma di radichette, sia fronde laminari, erette, lunghe in genere una decina di centimetri.
Caulerpa racemosa C. racemosa vive in genere su fondali sabbiosi, ma si trova anche frequentemente su fondi duri, rocciosi o ciottolosi, o fra le praterie di Posidonia, da uno a circa settanta metri di profondità. La riproduzione avviene sia per via sessuale che attraverso un’efficace via asessuale: basta infatti che lo stolone si frammenti per dare origine a nuovi individui. Si tratta di un organismo di origine tropicale, penetrato nel Mar Mediterraneo attraverso il Canale di Suez già negli anni ’50, e al 1993 risale la prima segnalazione lungo le coste italiane, in particolare in Sicilia; il progressivo riscaldamento delle acque del nostro mare agevola certamente la sopravvivenza e la colonizzazione di porzioni sempre più settentrionali di fondale da parte di questa specie, che in effetti pare aver trovato nel Mar Mediterraneo condizioni particolarmente adatte al proprio sviluppo, diventando in breve tempo una specie invasiva, capace di modificare profondamente gli ecosistemi in cui si insedia.
Caulerpa prolifera, naturalmente presente nel Mediterraneo Grazie al tasso di crescita molto elevato ed alla forte capacità di dispersione, favorita dalla efficace riproduzione per frammentazione, Caulerpa racemosa si comporta come una sorta di edera, coprendo vaste porzioni di fondale e soffocando con i suoi stoloni altri vegetali già presenti, come altre macroalghe o, soprattutto, praterie di Posidonia oceanica. E proprio in questo aspetto si cela il grosso problema: le praterie, coperte dalla crescita di questa alga, tendono a regredire, fino a scomparire del tutto. Ma C. racemosa non ha le stesse caratteristiche ecosistemiche di Posidonia oceanica: innanzi tutto, essendo priva di vere e proprie radici non è in grado di bloccare il sedimento, riducendo la risospensione e la sedimentazione come invece avviene nelle praterie; inoltre, mancando di lunghe foglie non frena il moto ondoso, aumentando l’erosione delle coste (un altro grande problema dei nostri mari, che la posidonia tende a mitigare). Infine, l’alga non offre alle altre specie animali e vegetali ciò che una prateria di Posidonia oceanica può offrire: un substrato adatto alla crescita di organismi epifiti, un luogo riparato dove accoppiarsi, deporre le uova o passare le fasi giovanili, e una fonte di nutrimento per tutta la comunità di organismi erbivori e detritivori.
Posidonia oceanica, minacciata da questa invasione
La presenza di questa “edera” comporta così la scomparsa progressiva non solo di una specie, ma di un intero ecosistema che su questa specie si basa. Certamente il continuo riscaldamento delle acque mediterranee e la continua dispersione di nuovi individui, causata in parte anche dagli ancoraggi che trasportano esemplari da un posto all’altro, porteranno ad una completa colonizzazione del Mar Mediterraneo da parte di questa nuova specie, e vedremo come il nostro mare si adatterà alle nuove condizioni.
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Ultimo aggiornamento Lunedì 06 Giugno 2011 10:33 |