Ricerche sperimentali sull’allevamento di Cladocora caespitosa: le ricerche scientifiche |
Scritto da Stefano C. A. Rossi |
Domenica 29 Agosto 2010 14:39 |
Premessa Questo articolo non è un lavoro originale, ma nasce dal riassunto, semplificato, di alcune pubblicazioni scientifiche sul corallo mediterraneo Cladocora caespitosa evidenziate in bibliografia. Un particolare ringraziamento va al Dr. Riccardo Rodolfo Metalpa, ricercatore dell’ENEA, che ha fornito i due articoli di maggior interesse nel nostro campo specifico ed una revisione critica del testo.
Introduzione La Cladocora caespitosa (foto 1) è il più importante corallo biocostruttore endemico del Mediterraneo. Appartiene alla famiglia dei Favidae, che include numerose specie tropicali. In Mediterraneo è diffuso in tutti i sottobacini, incluso il mare Adriatico, mostrando una elevata capacità di tolleranza e di adattamento alle differenti condizioni ambientali; per questo motivo può essere definito un organismo abbastanza versatile quanto ad esigenze ambientali. Vive tra i 3 ed i 50 metri di profondità, in colonie numerose ma di piccola taglia (10-20 cm) (foto 1, foto 2- particolare dello scheletro) che più raramente costituiscono “banchi” di diametro superiore al metro. La specie è conosciuta anche a livello fossile, a partire dalle fasi calde del Pleistocene superiore (più calde dell’attuale) dove era più comune di adesso. Può essere considerato l’unico vero madreporario biocostruttore del Mediterraneo, in quanto è l’unico coloniale e zooxantellato. Questo significa che nei tessuti dei polipi sono sempre presenti zooxantelle, sebbene in misura variabile, appartenenti alla specie Symbiodinium microadriaticum.
Le zooxantelle più che nutrire direttamente i coralli ne accelerano la velocità di deposizione del carbonato di calcio (CaCO3), favorendone la crescita. La simbiosi è regolata da fattori ambientali quali luce, temperatura e disponibilità di nutrienti, esattamente come i più noti coralli tropicali che vivono quasi sempre in condizioni ambientali stabili e favorevoli al loro sviluppo o che variano di poco nell’arco dell’anno. C. caespitosa vive invece in un ambiente che può subire variazioni Mediterraneo già a 10 m di profondità le condizioni di illuminazione sono inferiori a quelle ideali per la fotosintesi delle zooxantelle, alcuni autori hanno ipotizzato capacità di adattamento alle basse temperature slegati dal meccanismo della simbiosi fortemente dipendente dalla luce. Il modello di crescita di C. caespitosa è paragonabile a quella dei cugini tropicali sebbene la specie mostri tassi di crescita molto inferiori. C. caespitosa è in grado di riprodursi sia asessualmente, per gemmazione laterale, che sessualmente. Sul tasso di gemmazione laterale non esistevano finora dati misurati e si presumeva dipendesse dalle condizioni di luce e temperatura. La riproduzione sessuale è stata osservata solo in Adriatico verso la fine di giugno 1987 prima della luna piena, e solo per pochi polipi.
Le ricerche scientifiche Le conoscenze di carattere scientifico su C. caespitosa non sono molto approfondite e diffuse come per altri biocostruttori tropicali, poiché è solo da pochi anni, da quando cioè si è capito che le colonie di coralli biocostruttori possono costituire un serbatoio di dati di interesse paleoclimatico e biologico, che è stato possibile dedicarvi ricerche specifiche. I coralli biocostruttori sono definiti indicatori bioclimatici poiché registrano nello scheletro calcareo le condizioni ambientali in cui crescono e da cui sono influenzati sia nelle modalità di crescita che di riproduzione. Il principale centro italiano dove vengono svolte ricerche su tali specie è il Centro Ricerche S.Teresa, a La Spezia, che afferisce all’ENEA – Divisione Ambiente Globale e Mediterraneo. Mentre da un lato le indagini sul campo cercano di focalizzare la diffusione presente e passata delle colonie di Cladocora, gli esperimenti svolti in ambiente controllato sono mirati essenzialmente a capire in dettaglio come le condizioni ambientali influenzino la crescita delle colonie, e come Cladocora risponda alle modificazioni dell’ambiente, in modo da correlarne la crescita con i dati climatici.
La fase sperimentale Nei diversi esperimenti condotti sono utilizzate alcune decine di campioni, cioè di polipi con il loro “scheletro” calcareo, separati dalle colonie e ripuliti manualmente da ogni incrostazione animale o vegetale. Per comodità di osservazione e di mantenimento in posizione vitale favorevole, sono poi fissati su supporti di PVC atossico con colla a caldo. In ogni tipologia di esperimento gli esemplari sono collocati in beacker immersi a bagno maria in vasche più grandi; all’interno di questi “bicchieroni” da laboratorio è stata utilizzata acqua di mare naturale microfiltrata in modo spinto (porosità 0,6 mm) ossigenata mediante aeratore. Il cambio dell’acqua è effettuato ogni 15 giorni nel primo esperimento, mentre è avvenuto in continuo (1 l/h) nel secondo. Gli incrementi di salinità sono stati effettuati con sale Instant Ocean. L’alimentazione degli esemplari sottoposti a nutrimento eterotrofo viene effettuata con Artemia salina schiusa da cisti decapsulate, poiché i gusci delle cisti risulterebbero dannosi per l’animale. Attualmente sono stati condotti due principali filoni di esperimenti volti a correlare i parametri ambientali alla crescita e riproduzione della specie: uno per verificare l’influenza combinata di luce, temperatura e alimentazione, ed uno per verificarne gli effetti separati di temperatura e salinità. Negli acquari utilizzati nei diversi esperimenti sono state impostate in modo rigorosamente controllato condizioni diverse dei seguenti parametri ambientali: salinità, temperatura, illuminazione e nutrimento. Tale influenza sugli esemplari è stata valutata misurando la crescita dei campioni con due metodi diversi (“tecnica del peso galleggiate” e marcatura con Alizarina Red S, un colorante selettivo per il carbonato di calcio) e misurando sia il numero di zooxantelle sia il loro contenuto in clorofille. Valutare la crescita dei polipi è molto difficile anche per la lentezza del processo. Vediamo ora di descrivere i due esperimenti che rivestono maggior interesse dal punto di vista acquariofilo.
Primo esperimento: luce, temperatura, alimentazione In questo esperimento l’attenzione è stata focalizzata sui parametri luce, temperatura e alimentazione per vedere quale fosse l’influenza sulla crescita e riproduzione della specie. Più in dettaglio:
Tutti i parametri sopra descritti sono stati associati, in modo che i gruppi di campioni mostrassero le risposte a tutte le possibili associazioni dei parametri ambientali. Lo schema (figura 1), che è definito disegno sperimentale, illustra meglio di molte parole le possibili combinazioni studiate.
Secondo esperimento: temperatura, salinità
Questo esperimento è stato diviso in due parti: una per la temperatura ed una per la salinità, sdoppiando le vasche per avere più repliche dei campioni. Nella prima parte è stata usata luce estiva (110 mmoli·s-1·m-2), salinità al 37‰ e nutrimento con Artemia salina (vedi disegno sperimentale in Figura 2). Nella seconda parte, per valutare l’effetto della salinità, sono state usate, a parità degli altri fattori e con temperatura a 24°C, tre diverse salinità: 34 ‰, 38‰ e 42‰ (vedi disegno sperimentale in Figura 3).
Risultati L’analisi statistica dei dati emersi dalle diverse associazioni di parametri ambientali identifica alcuni punti salienti che rivestono un estremo interesse anche dal punto di vista acquariofilo, oltreché strettamente scientifico, perché consentono di definire condizioni ottimali per l’allevamento di Cladocora caespitosa in acquario. Innanzitutto dal primo esperimento è risultato che il più elevato tasso di crescita è stato ottenuto dall’associazione illuminazione estiva, temperatura estiva, nutrimento eterotrofo (vedi figura 4 e figura 5). Fig. 4 - Incrementi di peso nei vari disegni sperimentali.
Fig. 5 - Anche questa rappresentazione visualizza chiaramente i migliori risultati di crescita giornaliera espressi in milligrammi di carbonato di calcio per polipo al giorno. Le lineette verticali rappresentano l’intervallo di variazione delle misure tra i singoli esemplari misurati.. Da R. Rodolfo Metalpa, M. Abbate, A. Peirano (2001)
Il fattore differenziale più significativo appare comunque essere il nutrimento eterotrofo e la temperatura; infatti, il tasso di crescita più elevato si ha a 24 °C (figura 6). Una buona illuminazione, per quanto ritenuta importante, non sembra avere grande effetto rispetto alla temperatura e la nutrimento. Quindi la luce presente normalmente nei nostri acquari sarà sicuramente sufficiente alla crescita della specie. Per quanto riguarda il fattore salinità, è emerso che salinità normali od elevate non hanno differenti effetti né sulla crescita in peso né sulla presenza di zooxantelle e sulla concentrazione di clorofille; valori bassi di salinità hanno invece un effetto limitante la crescita (figura 7).
Fig. 6 - Incremento di peso di Cladocora caespitosa per ogni trattamento a differente temperatura. Sono indicati i valori di deviazione standard per ogni trattamento. A parità di altre condizioni il massimo incremento di peso giornaliero è stato ottenuto con temperature definite estive, a 24°C; la crescita è meno significativa a 19°C mentre è evidente come le fredde temperature invernali, 13°C, rappresentino un momento di stasi nella crescita dei polipi. Le colonnine sono doppie perché riferite a due gruppi di vasche: in questo modo i risultati non dipendono da variazioni casuali in una singola vasca, ma sono dati riproducibili. Da R. Rodolfo Metalpa, M. Abbate, C. N. Bianchi, A. Peirano, G. Cerrati, V. Di Fesca (2002)
Fig. 7 - Incremento di peso di Cladocora caespitosa per ogni trattamento a differente salinità. Sono indicati i valori di deviazione standard per ogni trattamento. In questa immagine si vede come le variazioni di salinità siano meno significative sul tasso di crescita rispetto ad altri parametri; una salinità bassa è comunque più penalizzante rispetto ad una salinità più elevata dello standard mediterraneo, che sembra anzi favorire leggermente la crescita dello scheletro calcareo. Le colonnine sono doppie perchè riferite a due gruppi di vasche: in questo modo i risultati non dipendono da variazioni casuali in una singola vasca, ma sono dati riproducibili.
E’ da sottolineare che il tasso di gemmazione dei campioni mantenuti a luce e temperatura estiva e disponibilità di cibo è stato il più elevato, pari al 247% (87 polipi iniziali, 215 gemmazioni, 2,47 gemmazioni per polipo). Inoltre nel corso dell’esperimento sono stati notati occasionali fenomeni di riproduzione sessuale. Le variazioni dei parametri ambientali non hanno praticamente influenza sul contenuto di zooxantelle e sulla concentrazione di clorofille.
Conclusioni I dati sperimentali suggeriscono che le condizioni ideali per mantenere Cladocora caespitosa prevedono temperature estive, in quanto l’optimum della crescita avviene intorno ai 22-24°C, buona illuminazione e soprattutto una buona fonte di cibo. Negli esperimenti sono stati utilizzati naupli di Artemia salina schiusi da cisti decorticate, dato che il tegumento delle cisti può essere dannoso per gli organismi. La temperatura ottimale per la crescita non deve però indurre a sottovalutare il problema della refrigerazione dell’acquario, poiché successivi esperimenti hanno dimostrato che l’esposizione a temperature pari o superiori ai 28°C per periodi prolungati (3 settimane) sono letali per le colonie, confermando le morie verificate in mare nell’ultimo quinquennio legate ad anomalie termiche di 4-6°C al disopra della media stagionale. Poiché negli acquari non refrigerati questo livello termico è agevolmente superato in tutto il periodo estivo, è evidente che tale organismo possa essere allevato con successo solo in vasche munite di refrigeratore.
Bibliografia
C. Cerrano, G. Bavestrello, C.N. Bianchi, R. Cattaneo-Vietti, S. Bava, C. Morganti, C. Morri, P. Picco, G. Sara, S. Schiaparelli, A. Siccardi, & F. Sponga. (2000) A Catastrophic Mass-mortality Episode of Gorgonians and Other Organisms in the Ligurian Sea (North-western Mediterranean), Summer 1999. Ecology Letters 3, 284-293.
C.Morri. A.Peirano and C.Nike Bianchi (2001) Is the mediterranean coral Cladocora caespitosa an indicator of climatic change? Archo Oceanogr. Limnol. 22 (2001), 139-144 Istituto di Biologia del Mare, Venezia, Italkia.
A. Peirano, C. Morri, C. Nike Bianchi (1999) Skeleton growth and density pattern of the temperate, zooxanthellate scleractinian Cladocora caespitosa from the Ligurian Sea (NW Mediterranean) MEPS 185:195-201
A. Peirano, C.Morri, G.Mastronuzzi e C. N. Bianchi (1998) The Coral Cladocora caespitosa (L.1767) as a bioherm builder in the Mediterranean Sea. Mem. Descr. Carta Geolog. It. 52: 59-74
R. Rodolfo Metalpa, M. Abbate, A. Peirano (2001) L’influenza di luce, temperatura e alimentazione sulla cerscita dei coralli mediterranei Cladocora caespitosa e Balanophyllia europea- risultati preliminari di una sperimentazione in ambiente controllato ENEA – Divisione Ambiente Globale e Mediterraneo- Centro Ricerche S.Teresa, La Spezia. RT/AMB/2001/2
R. Rodolfo Metalpa, M. Abbate, C. N. Bianchi, A. Peirano, G. Cerrati, V. Di Fesca (2002) Cambiamenti Climatici e ambiente marino: effetti della temperatura e della salinità sulla crescita in acquario del corallo Cladocora caespitosa ENEA – Clima Globale Centro Ricerche Ambiente Marino S.Teresa, La Spezia. RT/2002/22/CLIM
Glossario
Alizarina Red S Colorante organico della famiglia dei fenoli di colore rosso, ricavata in origine dalla robbia, pianta erbacea (Rubia tintorum) utilizzata per tingere i tessuti. In varie forme viene usato come marcatore sia per tessuti organici sia nello studio dei cementi per la sua proprietà di colorare selettivamente il carbonato di calcio e non, ad esempio, la dolomite.
Beaker o Becher Contenitore di vetro Pyrex usato in laboratorio, di forma cilindrica con beccuccio per facilitare il travaso di liquidi.
Biocostruttore Viene definito biocostruttore un organismo dotato di scheletro che, aggregato in colonie, costruisce degli “edifici” con un rilievo morfologico significativo per l’ambiente circostante. Sono considerati organismi biocostruttori per eccellenza i “coralli” che costruiscono le barriere coralline tipiche dei mari tropicali. Alla costruzione di questi edifici contribuiscono in modo altrettanto significativo anche le alghe calcaree che pertanto sono anch’esse ascrivibili tra gli organismi biocostruttori. Esistono anche forme particolari considerate biocostruzioni, prodotte ad esempio dall’intrappolamento di sedimento tra i rami di coralli non coloniali in acque fredde e profonde.
Cisti decapsulate L’Artemia salina è un crostaceo che produce uova che possono incistarsi e resistere a lungo, anche molti anni, a secco senza perdere la capacità di schiudersi in presenza di acqua. La cisti che ricopre le uova di Artemia è un guscio estremamente coriaceo e resistente, indigeribile, e risulta nocivo essenzialmente per motivi “meccanici” per la maggior parte degli animali di piccole dimensioni che lo ingeriscono; negli avannotti producono facilmente blocco intestinale. Esistono quindi delle procedure per decorticare le cisti, per eliminare cioè la parte indigesta del guscio, senza alterarne il potere di schiusa; il procedimento si basa essenzialmente sull’ipoclorito di sodio (candeggina) ed è quindi un trattamento delicato, sebbene non complesso. Esistono in vendita cisti già decorticate.
Clorofille Famiglia di pigmenti che rendono possibile la fotosintesi, ossia l’assimilazione di anidride carbonica da parte di organismi autotrofi.. Sono presenti in tutte le specie vegetai eccetto i funghi ed in alcuni batteri. Le molecole delle clorofille presentano forti affinità con quelle dell’emoglobina. Vengono riconosciuti essenzialmente quattro tipi di clorofilla, che si differenziano per la molecola e per l’assorbimento di energia luminosa: Clorofilla a: presente in tutti gli organismi fotosintetici, dalle alghe alle piante superiori; Clorofilla b: caratteristica delle piante superiori e di alcune alghe evolute; Clorofilla c: si trova solo nelle diatomee (alghe unicellulari a scheletro siliceo) e nelle cianoficee Clorofilla d: è caratteristica delle Rodoficee (alghe rosse). I batteri fotosintetici usano una forma più idrogenata della a e della b. Le clorofille sono pigmenti con massimi di assorbimento caratteristici sia nella zona blu dello spettro che in quella rossa; la clorofilla a, verde bluastra, ha massimi a 4100 e 4300 Å (blu) e a 6650 Å (rosso); la clorofilla b, verde giallastra, ha i massimi a 4530 e 6420 Å. (vedi anche Photosynthetically Active Radiation (PAR) ).
Endemico Si definisce endemica una specie animale o vegetale presente solamente in un ambito geografico ristretto (esempio un’isola, una vallata, un fiume) e non altrove.
Eterotrofo Viene definito eterotrofo un organismo che per nutrirsi deve assumere cibo dall’esterno. Il suo contrario è un organismo autotrofo, in grado cioè di produrre da sé i nutrienti a partire da elementi semplici: sono autotrofi i vegetali e alcuni ceppi batterici.
Paleoclimatologia E’ la scienza che studia le variazioni del clima nel passato, unico strumento possibile per tentare di capire cosa ci potrebbe riservare il futuro. Si avvale essenzialmente delle discipline legate alla Geologia, alla Biologia, alla Fisica, alla Chimica ed alla Astronomia. Dati di origine molto diversa provenienti da studi sia di base sia estremamente sofisticati in tutte le discipline citate vengono integrati per capire come è variato il clima nel passato e per quale motivo.
Photosynthetically Active Radiation (PAR) E’ la radiazione fotosinteticamente attiva, cioè la quantità di fotoni nel campo delle lunghezze d’onda utili alla fotosintesi (tra i 400 ed i 700 nanometri). In altre parole è la quantità di energia luminosa effettivamente disponibile per le clorofille per svolgere la fotosintesi, per unità di tempo per unità di superficie. Si misura in micromoli per secondo per metro quadrato (mmoli·s-1·m-2). E’ la misura più significativa di illuminazione perché considera solo la quantità di radiazione sfruttabile per la fotosintesi.
Riproduzione asessuale Riproduzione che avviene a partire da un singolo individuo, per suddivisione o per gemmazione e successiva separazione. Negli Cnidari la gemmazione è la crescita di individui di piccole dimensioni a partire dal corpo del genitore; nelle specie coloniali le singole gemme crescono dando luogo a polipi laterali, da cui si sviluppano altri rami della colonia; nelle specie singole le “gemme” si separano successivamente dando luogo a nuovi individui solitari. Viene definito “tasso di gemmazione” il numero di gemme prodotto per unità di tempo, ed è quindi un indice di crescita.
Riproduzione sessuale Negli Cnidari (o Celenterati) avviene con la liberazione sincrona di uova e spermatozoi in acqua. Nei mari tropicali il fenomeno è sincrono di distanze di molte centinaia di chilometri. L’unione dei gameti genera larve che, dopo uno stadio di vita planctonico in balia elle correnti, si installano su un substrato duro e danno origine ad una nuova colonia.
Tasso di gemmazione Viene definito “tasso di gemmazione” il numero di gemme prodotto per unità di tempo, ed è quindi un indice di crescita (vedi Riproduzione asessuale)
Tecnica del peso galleggiante E’ un metodo usato per pesare piccoli esemplari; si basa sul principio di Archimede, secondo cui il peso di un oggetto in aria è uguale al peso di un oggetto immerso in un liquido più il peso del liquido spostato dall’oggetto. Più la densità dell’oggetto si avvicina a quella dell’acqua, più il suo peso galleggiante tenderà alla neutralità. Quindi la tecnica è sensibile al peso dello scheletro di aragonite del corallo, ma non lo è nei riguardi dei tessuti molli e delle mucose, composti da acqua di mare per buona parte. La relazione usata è:
Wa = Ww/ 1 - (Dw/Da)
Dove
Dw = densità dell’acqua Da = densità dell’aragonite Wa = peso del corallo in aria Ww = peso del corallo in acqua.
Conoscendo il valore della densità dell’aragonite, si misurano la densità dell’acqua e il peso del campione immerso e si ricava il “peso secco” dello scheletro.
Zooxantelle Alghe unicellulari del gruppo delle Dinoflagellate, che vivono come simbionti nei tessuti di molti gruppi di Cnidari, soprattutto coralli biocostruttori. Mentre una volta si pensava fosse presente la sola specie Symbiodinium microadriaticum (Rowan and Powers, 1991), adesso se ne conoscono almeno una decina diverse che sembrano non essere legate in modo univoco a certe specie di coralli. Sono in corso esperimenti per dimostrare l’ipotesi che i coralli possano inglobare nei tessuti le specie di zooxantelle eventualmente disponibili nell’ambiente.
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Ultimo aggiornamento Venerdì 11 Marzo 2011 22:23 |